Friday, February 2, 2018

- Blog Tour: "L'ultima lanterna della notte" -



Ed eccoci arrivati alla quinta tappa del Blog Tour del libro "L'ultima lanterna della notte" di Ornella De Luca. Nel post precedente ho scritto una piccola recensione sul secondo volume della serie The Orphanage, oggi invece vi lascio due estratti del libro!
Enjoy it!




PRIMO ESTRATTO


«Sei un coglione» commentai, in parte divertita anch'io. «Forza, diamoci una…ah!» esclamai, quando una spugna mi colpì al centro del petto.
«Togliti dalla faccia quell'espressione scioccata e indignata, che come ti diverti con Lennox non ti diverti con nessuno» mi accusò, aprendo la manopola dell'acqua e indirizzando il getto verso di me.
«Questa me la paghi!» gridai andandogli incontro, ormai del tutto scolata.
Provai a prendergli dalle mani il tubo, ma lo alzò talmente in alto che con il mio metro e cinquantasei non ci sarei mai arrivata. Poi prese una spugna pregna di schiuma e me la strizzò sui capelli, a quel punto smisi di dibattermi, tanto ero ridotta come un panno nella lavatrice. E cambiai tattica. Lo afferrai dalla canotta e lo avvicinai a me, che ero appoggiata con la schiena alla fiancata dell'auto, e lo feci sbilanciare tanto che si inzuppò anche lui.
«Chi la fa l'aspetti» sussurrai in imbarazzo. Solo in quel momento mi resi conto di essere bagnata fradicia e stretta ai pettorali di Lennox, che mi guardava come se mi volesse mangiare.
Così provai a scostarmi lentamente, ma lui m'ingabbiò tra le sue braccia e agganciò il tubo all'attacco in alto, in modo da colpirci entrambi col getto come in una normale doccia.
«Dove scappi? Resta qui» mi sussurrò, prendendo la schiuma dal secchio e cominciando a spargerla sulle mie braccia. Potevo insistere e andarmene quando volevo, ma il punto era proprio quello: lo volevo? Forse era solo per l'effetto dell'alcool, che ancora non era stato del tutto assorbito dal mio corpo, mi giustificai.
«Lasciati lavare» disse, passando la spugna sul mio collo con estrema delicatezza. Era una sensazione talmente bella che mi ritrovai a socchiudere gli occhi e a spostare la testa di lato. Non ero abituata a essere oggetto di cure, di solito ero sempre io a pensare a tutti, e quella novità mi destabilizzò. Non arretrai neppure davanti al suo tocco. Incredibilmente, dalle mani di una persona così rude e indelicata poteva provenire una tale dolcezza. "L'abito non fa il monaco", una lezione che avrei dovuto conoscere da tempo. «Vedi, Casey? Il fango sta andando via con la schiuma. Ora non ci resta che lavare via la schiuma».
Parlava a un centimetro dal mio orecchio e subito dopo, quando pensavo di non potermi librare più in alto di così, sentii la sua lingua calda sul collo. Le mie mani agirono da sole e si poggiarono sui suoi fianchi.
Magari insieme al fango potesse andare via anche tutto il resto, solo scostando via la schiuma. Forse potrei tornare ad avere solo diciannove anni.
Prima di pentirmene lo afferrai dalla stoffa della maglietta e la sollevai, per toccare la sua pelle calda. Lennox non se lo fece ripetere due volte e si sfilò la canotta dalla testa, senza distogliere gli occhi dai miei. Sotto il suo sguardo interrogativo presi in mano la spugna e, animata da un'inaspettata audacia, presi a lavargli il petto. Era pieno zeppo di tatuaggi.
«Hanno un significato?» sussurrai, studiando ogni centimetri del suo busto.
Erano tutti perlopiù dei tribali stilizzati, tranne il profilo di un grosso gatto Silvestro sul fianco, nell'atto di uscire gli artigli.«Solo alcuni. Non credere a quello che si dice, la maggior parte delle volte i tatuaggi si fanno solo per vanità, per migliorare il proprio aspetto e non per un significato più profondo».

Da quel poco che potevo vedere del suo corpo, Lennox non aveva bisogno di migliorarlo in alcun modo, ma tenni per me quel pensiero. Il suo ego era già alle stelle così com'era.
Gli lavai il fango dal collo e, dopo aver sciolto i capelli dall'elastico, li pettinai tra le dita, togliendo foglie e rametti impigliati. Aveva dei bei capelli, lunghi fino a lambire le spalle, ma li teneva sempre legati. Lennox stava fermo a guardarmi, appoggiato con le braccia all'auto, studiando i miei movimenti per capire le mie intenzioni, dato che le sue erano piuttosto chiare.
«Hai dei bei capelli» gli dissi, senza imbarazzo. «Perché non li lasci mai sciolti?».
«Perché mi da fastidio che me li tocchino».
Subito scostai la mano, ma Lennox l'afferrò dal polso e la riportò tra i suoi capelli. 

Autoritario come sempre.
«Non ti ho detto di fermarti. È strano ma… mi piace un sacco quando me li accarezzi tu».






SECONDO ESTRATTO


«Devi sapere che… di solito la mia mente vola. Non sono mai qui con lei. Ho imparato a farlo molto tempo fa, quando dovevo stare zitta e subire» mi confidò afferrando la mia mano e stringendola forte. «Tu hai un potere, sai?».
Avrei voluto possedere il potere del teletrasporto, per portare Casey e la sua famiglia via da Bar Harbor, o il potere di viaggiare nel tempo, per tornare indietro a quando Sean non aveva ancora piegato Casey con quel vile ricatto e cambiare così le cose.
Ma non avevo idea di quale potere mi considerasse possessore Casey.
«Trattieni la mia anima».
Sentii una morsa piegarmi in due, non c'erano parole adatte da dire in quel momento. Così scelsi il silenzio. La baciai con passione e le presi il viso tra le mie mani grandi, abituate a rubare e a schivare colpi, mai a custodire. Sperai solo che fossero in grado di farlo.
«Ci rivedremo» promisi. «Al faro».
Allungai le braccia oltre le sbarre e lo abbracciai. Notai la tensione abbandonare lentamente il suo corpo, sentendo le mie mani sulla schiena.
«No che non ci rivedremo».
«Ci rivedremo» insistetti.
Lennox sbuffò, ma l'ombra di un sorriso fece capolino sul suo volto cupo.
«Forse quando cadrà il cielo e le stelle si spegneranno».
Avevo gli occhi gonfi a furia di trattenere le lacrime. Si ricordava di quella nostra conversazione, avvenuta solo pochi mesi prima, anche se a me sembravano passati anni.
«Quando cadrà il cielo e le stelle si spegneranno. Promesso».
Strinsi le mani sulla sua schiena come se volessi graffiarlo e lasciargli un segno di me. Perché temevo, in cuor mio, che Lennox Foster avesse lasciato in me un'impronta maggiore di quella che io avevo lasciato in lui.



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